giovedì 22 maggio 2008

rigonfiamento ematico dei genitali


primo piano un po’ sfuocato, tono predominante un rosso cremisi;la ragazza sorride sguaiata, impertinente, triste come la notte, attorno a lei tutto si muove: un ragazzo cammina da tutte le parti, rifacendoli, toccandosi da tutte le parti, la sabbia si alza da terra in nuvole rosa pallido, il viso non lo vediamo mai, solo flash e sguardi lanciati verso il sorriso di lei, sembra sapere dell’obbiettivo, scappa tra le mura della sua cella, è nervoso, le labbra si muovono, quasi urla e poi sottovoce, ma non si sente nulla, l’audio è scarso, anzi quasi nullo, solo il rumore dei passi e del vento sui capelli di lei. Chiusa con primo piano su di lei, sugli occhi azzurro pastello, se esiste. Questo è l’ultimo sogno di lucio (non è morto, è quello che mi ha raccontato stamattina, offrendomi da bere).secondo lucio lui è come noi, lui è come il cielo, è il suo ottimismo da fascista. lui che ammazzerebbe tutti i diversi da lui, lui che nel cuore della notte ti abbraccia mentre ti parla e tu festeggi qualcosa con i tuoi amici che nemmeno ricordi, lui che odia il suicidio, è una perdita di tempo dice offrendo con lo sguardo una sigaretta a tutti, lui che ha perennemente i coglioni girati perché basta guardarsi in giro ed è tutto malato, lo faccio e gli do ragione prendendo la sigaretta: due di noi sono con lui, gli altri chissà dove con la testa e con il corpo stupido che si muove, piccoli nichilisti invertiti che prendono tempo ma il treno ritarda li chiama. lucio non fa nulla per esistere ma esiste, esiste solo per ciò che lo fa crescere, per quello che lo rode da dentro da anni, ma che lo fa pensare e con le mani tocca terra e capisce che c’è, si può toccare. se uno è sul baratro, nulla si avvicina a lui, è perso che senso ha vivere per gli altri soltanto? Ha tutto e non deve svendersi mi dice guardando dall’altra parte. Ribatto e lui alza la voce, guarda dall’altra parte e mi spinge sulla ringhiera e rido, ma lui mi dice stai attento e ora è calmo, rilassato. Erano passati nove mesi, la nascita di un bambino da quel giorno da cani, dalla sua morte improvvisa, e voluta e lui, lì lì per svenire con la sua spossatezza, la sua irrisolutezza, la voglia di farti aprire gli occhi sfidandoti, mi ha detto non so che dirti, non pensateci, qui non c’è spiegazione e pensavo che qui, nella mia città uno così fosse impossibile da scovare, uno da carver per intenderci, che soffre veramente anche se non ti conosce, e che tutti schiverebbero, non per il suo modo di fare o per i vestiti, curati e dai modi garbati peraltro, ma per quello che immagini ti dirà, con forza in faccia, e standosene zitto, quando c’è solo il silenzio da rispettare, quando stare male per gli altri non esiste più e ci si può sentire vicini per un attimo. Da quella sera non lo abbiamo più rivisto, anzi sì ma non ci siamo mai più avvicinati. Forse gli altri due che come me quella notte, su una scala tra due palazzi, festeggiando una laurea, gli hanno parlato, sentendo i suoi pensieri, con i vicini che ci urlavano per il chiasso, se lo ricordano ancora. secondo lui la finzione guarda dove ci ha portato, e da dove veniamo, la maledizione è in noi, e poi sorridiamo…

1 commento:

stefano ha detto...

Complimenti, molto suggestivo