lunedì 9 giugno 2008

conclusione

le stelle sono
reali
il futuro
è
quella montagna

martedì 3 giugno 2008

E morte non avrà dominio



di pelle e nervi smaglianti

adombravi la vita agra e di piombo

di un cristo senza nome, sempre prono.

Il vino che declassa e non respinge

Per lui eri la visione d’ottobre

D’un eunuco avaro di gloria

Di così bianco e risa suadenti

Il sole s’accasciava, e misericordioso,

si piegava al solo gesto acre

e dal sapore di sabbia

di quel giorno e da allora,

nulla sulla radice rimane

non un gesto, un sintomo da rinnegare

la mano, che neppure il cielo,

non è già ragione

di dolore neppure gli ossequi arderanno,

di verde mi giunge,

esacerbante ma mite come la notte,

la voce che s’allontana , e il suo,

tingersi?, in volo scortica e depone sulla morte

e dalla nenia

ora si lo gratto, e giace lì accanto

come un verme lacerato distrugge

distrugge al buio di chi è squassato

e ha voce

la voce di chi è nato.

lunedì 26 maggio 2008

maria cristo


mary christ mischiato ad un'estetica post- hardcore,il tutto visto dalla magnificenza noise. l'aria fumosa e il non sentirsi a casa.il nome del locale è un numero e non verrà mai menzionato;nemmeno il luogo se è per questo.la città e le sue paranoie riflettono a pieno il marasma salino del mare, la pazzia della gente che vorrebbe essere altrove.due luci una accanto all'altra, al centro davanti ai quattro membri fondatori.una rossa voragine e l'altra blu, semplice. l'inizio precipitoso è annunziato da una voce rauca che urla e sbraita. e poi la precipitosità iniziale di un chitarra nuda e flebile, sola che da sola ipnotizza e non finisce da nessuna parte, mai sentito perchè mai provato.un cenno con la mano e tutti si precipitano,la gente non capisce e il rumore travolge, non serve a nulla maneggiare con cura la chitarra, tutto questo è ipocrisia.tutto si sussegue e tutto freme, le canzoni non hanno titoli, le loro perlomeno,e i suoni si violentano tra di loro, non si separano mai come incesti.non canta verso il pubblico, ma girato, non è una presa di posizione, ma un umiliarsi e prendere per mano tutti, tutti i pochi presenti.il suo viso non si vedrà mai, la loro forza sta forse nella non riconoscibilità delle parole, sputate a malapena e irriconoscibili, ma il suono, questo si sfiora melodie celestiali, autentiche, le intuisci e poi ti sparano dritte,tra gli occhi, dove tutto rimane impresso.la luce va e viene, come le poche persone, sfiduciate e svirgolettate,un attimo di pace eterea e la diapositiva dopo ti costringe a toccarti gli occhi.le cover sono tante,gli omaggi sentiti ma mai nominati, per non violentare e insudiciare la loro maestria, la maestosità di quelle poche ma intense citazioni.il nome del gruppo non viene riportato, anzi sì..con cura e leggiadria e tutti sconvolti, non capendo niente e con sufficienza se ne vanno, borbottano per l'unica cosa vera forse, il resto è chiaro per loro non conta, il luogo era ostile e faceva i brividi, era sporco ma il suono che da rumore infernale rimpicciolisce, è giallo cenere e diventa caldo il cadavere, questo no non è stato capito, le parole non servono, se non biascicate, il commento è superfluo, e loro se ne vanno con gli occhi socchiusi, gli antagonisti della serata sono stati maltrattati da l'unica cosa che non serve e deve essere zittita la PAROLA.finzione o realtà?ciò che conta è l'intenzione, il provarci.ancora riecheggiano tra di noi le loro parole, mai sentite prima,eccole: noi siamo i mary christ e voi non siete un cazzo..

giovedì 22 maggio 2008

rigonfiamento ematico dei genitali


primo piano un po’ sfuocato, tono predominante un rosso cremisi;la ragazza sorride sguaiata, impertinente, triste come la notte, attorno a lei tutto si muove: un ragazzo cammina da tutte le parti, rifacendoli, toccandosi da tutte le parti, la sabbia si alza da terra in nuvole rosa pallido, il viso non lo vediamo mai, solo flash e sguardi lanciati verso il sorriso di lei, sembra sapere dell’obbiettivo, scappa tra le mura della sua cella, è nervoso, le labbra si muovono, quasi urla e poi sottovoce, ma non si sente nulla, l’audio è scarso, anzi quasi nullo, solo il rumore dei passi e del vento sui capelli di lei. Chiusa con primo piano su di lei, sugli occhi azzurro pastello, se esiste. Questo è l’ultimo sogno di lucio (non è morto, è quello che mi ha raccontato stamattina, offrendomi da bere).secondo lucio lui è come noi, lui è come il cielo, è il suo ottimismo da fascista. lui che ammazzerebbe tutti i diversi da lui, lui che nel cuore della notte ti abbraccia mentre ti parla e tu festeggi qualcosa con i tuoi amici che nemmeno ricordi, lui che odia il suicidio, è una perdita di tempo dice offrendo con lo sguardo una sigaretta a tutti, lui che ha perennemente i coglioni girati perché basta guardarsi in giro ed è tutto malato, lo faccio e gli do ragione prendendo la sigaretta: due di noi sono con lui, gli altri chissà dove con la testa e con il corpo stupido che si muove, piccoli nichilisti invertiti che prendono tempo ma il treno ritarda li chiama. lucio non fa nulla per esistere ma esiste, esiste solo per ciò che lo fa crescere, per quello che lo rode da dentro da anni, ma che lo fa pensare e con le mani tocca terra e capisce che c’è, si può toccare. se uno è sul baratro, nulla si avvicina a lui, è perso che senso ha vivere per gli altri soltanto? Ha tutto e non deve svendersi mi dice guardando dall’altra parte. Ribatto e lui alza la voce, guarda dall’altra parte e mi spinge sulla ringhiera e rido, ma lui mi dice stai attento e ora è calmo, rilassato. Erano passati nove mesi, la nascita di un bambino da quel giorno da cani, dalla sua morte improvvisa, e voluta e lui, lì lì per svenire con la sua spossatezza, la sua irrisolutezza, la voglia di farti aprire gli occhi sfidandoti, mi ha detto non so che dirti, non pensateci, qui non c’è spiegazione e pensavo che qui, nella mia città uno così fosse impossibile da scovare, uno da carver per intenderci, che soffre veramente anche se non ti conosce, e che tutti schiverebbero, non per il suo modo di fare o per i vestiti, curati e dai modi garbati peraltro, ma per quello che immagini ti dirà, con forza in faccia, e standosene zitto, quando c’è solo il silenzio da rispettare, quando stare male per gli altri non esiste più e ci si può sentire vicini per un attimo. Da quella sera non lo abbiamo più rivisto, anzi sì ma non ci siamo mai più avvicinati. Forse gli altri due che come me quella notte, su una scala tra due palazzi, festeggiando una laurea, gli hanno parlato, sentendo i suoi pensieri, con i vicini che ci urlavano per il chiasso, se lo ricordano ancora. secondo lui la finzione guarda dove ci ha portato, e da dove veniamo, la maledizione è in noi, e poi sorridiamo…

sabato 17 maggio 2008

omaggio a beppe grillo o a chi non ama




















il tuo viso esiste fresco
mentre una sera scende dolce
sul porto.
Tu mi manchi molto,
ogni ora di più.
La tua assenza è un assedio
ma ti chiedo una tregua
prima dell'attacco finale
perchè un cuore giace inerte
rossastro sulla strada
e un gatto se lo mangia
tra gente indifferente
ma non sono io,
sono gli altri.
E così...

Vuoi stare vicina? nooo?
Ma vaffanculo. Ma vaffanculo.
Sono quarant'anni che ti voglio dire... ma vaffanculo.
Ma vaffanculo te e tutti i tuoi cari. Ma vaffanculo.

Ma come? Ma sono secoli che ti amo, cinquemila anni, e
tu mi dici di no? Ma vaffanculo. Sai che cosa ti dico? va-ffan-culo. Te,
gli intellettuali e i pirati. Vaffanculo. Vaffanculo .
Non ho altro da dirti. Sai che bel vaffanculo che ti porti nella tomba?
Perché io sono bello, sono bellissimo, e dove vai? Ma vaffanculo. E
non ridere, non conosci l'educazione, eh? Portami
una sedia, e vattene.

piero ciampi_adius

mercoledì 14 maggio 2008

il coltello nell'acqua



inizio anni ‘90.
Un grande paese, splendido. Dove fa molto freddo. Si innamorano in maniera sudicia, leggera, scoprono il loro amore reciproco. Decidono come molti di vivere insieme, sono dei nomadi. Ha tutte le parvenze di un amore giovane, è fresco infatti ma è minato da tutto il resto, da quello che non amano, da quello che ci rode da fuori, è vero perché senza parlarsi si capiscono, non serve l’arma dello sguardo, no, con loro no.
Inizio ventunesimo secolo.
Arriva il temporale e fa caldo, molto caldo. La loro vita è diventata raccontare la loro vita.
Di notte, spesso, uno immagina il dopo, quando si sveglierà. Io lo immaginavo così.
Quello che fa non lo consente, il suo perché di vita, la sua unica ragione non lo consentirebbe, tutti ridono forse come vent’anni fa se solo ci provasse.
Un muro di suoni ripetuti che arrivano dal mare, come lei che si muove appena finito di amarti. E il resto monotono, implacabile come un duro che non perde un colpo, rispettato da tutti, sì. E appena lo vedi, dici non è possibile, non lo ricordo così. La mascella è contratta, si muove a scatti, impazzita, il punto fisso davanti a sé è il bersaglio da fucilare, da eliminare subito. La lingua dentro la bocca si muove, rimargina le ferite, e le guance si sgonfiano e si riempiono mentre s’avvicina: un passo avanti e due indietro. Chi se ne frega, è insicuro ma tutto può aspettare sembra dirci. E poi ci sciogliamo perché ci parla di uno sporco lavoro da fare, d’un omicida con voce d’angelo. Una profezia da pathos, intensa ed evocativa. Lascia senza fiato, tutti soffrono di claustrofobia e cenere cade per terra. La preparazione ad un combattimento. E il suo subire poi. Il suo non sapere fare nient’altro se non raccontarci tutto come stanno le cose, e lasciar giudicare chi è il colpevole e la vittima. È lei, la vittima.
La guarda nei momenti in cui è più importante il silenzio, quello che non fa, e tutti aspettano voraci. E lui livido e scuro in volto, abbassa il volume del suo bastone, della sua carezza, il suo strumento d’una vita. La fissa a lungo, in zona franca. E lei a pochi passi, la timidona, non piace è bruttina e grassoccia, ma ti uccide se ti guardasse, non ci tiene a fulminarti questo è certo. Batte il ritmo della vita di lui e noi tutti rabbrividiamo in silenzio, muti come campane a lutto per le vite degli altri. Lui la esalta, la minaccia, la vuole magari consolare, vuole dimostrare qualcosa. Ma lei nulla.
E lui ci colpisce finalmente: tutto sembrava calmo, e invece. La scortica la chitarra, la divora, qualcuno ride, qualcun altro no, sta zitto e non capisce. E poi nulla da capire. si guarda spaesato attorno, in preda ad un virus violento di realtà. E lei ancora nulla da fare, nemmeno un cenno. E poi si calma. Ride dice qualcosa. Non tutto è così, magari siamo solo noi un po’…lei ride e per un attimo si incrociano. Ma non c’ è tempo perché la canzone dopo parla dei fiori del sole. E tutti muovono la testa, sorridenti.

martedì 13 maggio 2008

forza facciamole queste ronde!


Torino, stazione Porta Nuova, 26_04_08, ore 15.00. parcheggio, un cane abbaia inferocito, sta quasi per staccare una gamba a un uomo di mezza età. scatta il parapiglia, mi fermo e guardo, da dietro un furgone a una cinquantina di metri vedo due poliziotti salire su una di quelle micromachine enormi che si usano nei campi da golf, fanno i loro cinquanta metri tutti d'un fiato, e arrivano sul luogo del misfatto, mi avvicino per guardare meglio. il poliziotto più giovane scende dal modellino con le ruote per le mazze da golf e si accende una sigaretta, cioè, gli altri si stanno prendendo a mazzate, e lui fa un tiro e piano piano si avvicina guardandosi in giro. la situazione però non si calma, volano ceffoni, calci, e lui in mezzo con la sua sigaretta a penzoloni, il signore aggredito nel frattempo sanguina, non riesce a gestirla questa situazione il poliziotto, le acque non si calmano, il signore che sanguina è sparito dietro ad un'auto e se ne va di nascosto, il tipo con il cane non si calma per niente e minaccia di ammazzare il signore che scappa claudicante, il poliziotto dice"circolare, non c'è nulla da guardare" e se ne va, non ritenne di fare altre domande né di portare qualcuno da qualche parte, ordinaria amministrazione e butta via il mozzicone. il poliziotto riprende il suo giro sulla sua auto(?) e sorride con il collega che neppure era sceso e ridono tra di loro, il signore con il cane riprende la birra in mano che aveva nascosto dietro l'auto e minaccia a gran voce di ritrovarlo, il signore che è scappato, e si mette a cacciare attorno alla stazione. Normale amministrazione?

sabato 10 maggio 2008

verona

L'apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente "Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione"), anche detta "legge Scelba", che all'art. 4 sancisce il reato commesso da chiunque "fa propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità" di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque "pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche".

La "riorganizzazione del disciolto partito fascista", già oggetto della XII disposizione transitoria della Costituzione, si intende (ai sensi dell'art. 1 della citata legge) riconosciuta "quando un'associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista."

La legge prevede per il delitto di apologia sanzioni detentive, più severe se il fatto riguarda idee o metodi razzisti o se è commesso con il mezzo della stampa, ed accompagnate dalla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.

Di apologia del fascismo, dopo una certa caduta di attenzione, si è tornato a parlare in tempi recenti a proposito di siti Internet scopertamente esaltanti il passato regime.



oh wikipedia ricordaci tu