martedì 3 giugno 2008

E morte non avrà dominio



di pelle e nervi smaglianti

adombravi la vita agra e di piombo

di un cristo senza nome, sempre prono.

Il vino che declassa e non respinge

Per lui eri la visione d’ottobre

D’un eunuco avaro di gloria

Di così bianco e risa suadenti

Il sole s’accasciava, e misericordioso,

si piegava al solo gesto acre

e dal sapore di sabbia

di quel giorno e da allora,

nulla sulla radice rimane

non un gesto, un sintomo da rinnegare

la mano, che neppure il cielo,

non è già ragione

di dolore neppure gli ossequi arderanno,

di verde mi giunge,

esacerbante ma mite come la notte,

la voce che s’allontana , e il suo,

tingersi?, in volo scortica e depone sulla morte

e dalla nenia

ora si lo gratto, e giace lì accanto

come un verme lacerato distrugge

distrugge al buio di chi è squassato

e ha voce

la voce di chi è nato.

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